Introduzione
Le linee di trasmissione (TL) hanno sempre esercitato un certo fascino nella maggior parte degli appassionati di casse acustiche e alcune realizzazioni molto ben riuscite del passato hanno contribuito a incrementare l’attrattiva di questi sistemi. I diffusori della IMF, a cui si deve la prima applicazione commerciale di linea di trasmissione di successo, ne sono un buon esempio. Successivamente la TDL, nata dalla IMF alla fine degli anni ’80, continuò questa tradizione che raggiunse probabilmente l’apice con la serie Studio. A tal proposito val la pena di ricordare un sistema a linea di trasmissione molto apprezzato: le TDL Studio 1M, recensite da Marco Cicogna su AUDIOreview n.129 (luglio-agosto 1993).
Quando alcuni anni fa decisi di costruire i miei primi diffusori, non essendo esente da questo influsso, considerai la possibilità di utilizzare proprio una linea di trasmissione come tipologia di carico dell’altoparlante dedicato alle basse frequenze. Purtroppo, una volta consultati i (pochi) testi che avevo a disposizione, mi resi conto che avrei dovuto sviluppare il progetto in modo essenzialmente empirico. Per esempio, il celebre Loudspeaker Design Cookbook di Vance Dickason, un testo di riferimento per molti auto-costruttori, nella quinta edizione del 1995, riguardo alle TL contiene poche informazioni (spesso inesatte) e alcune regole generali non facilmente applicabili a un progetto specifico. Per la verità Dickason in quegli anni sembrava molto prevenuto verso quel tipo di contenitore: il breve capitolo dedicato alle TL inizia con una citazione di Martin Colloms, fondatore della Monitor Audio, il quale «ritiene che la performance della TL non sia migliore di quella di un contenitore chiuso ben costruito, e che sia difficile ottenere una performance uniforme a bassa frequenza senza provocare risonanze di linea, fonti di coloriture nella gamma medio-bassa»
Sebbene il pensiero di Colloms fosse ben più articolato [1], Dickason, per confermare questa affermazione, prosegue confrontando la curva di risposta in bassa frequenza di una TL con quella di un contenitore chiuso e quella di un sistema bass-reflex. Lo fa però utilizzando il software LEAP, che non prevede la simulazione delle TL, modificando artificialmente la risposta del sistema per renderla simile a quella dei grafici (simulati anch’essi al computer) presenti in un precedente lavoro di Juha Backman [2]. Dickason poteva solo supporre che il modello di Backman fosse esatto, in quanto il suo software non è mai stato reso disponibile, ma ora sappiamo con certezza che non lo era, poiché, come altri precedenti modelli, si basava su presupposti errati. Vengono poi presentate alcune configurazioni base di TL, ma in generale l’autore tendeva a scoraggiare il lettore dall’”accollarsi” il compito di costruire un mobile così “complesso”.
Discorso quasi analogo per Joseph D’Appolito che nel suo Testing Loudspeaker (1998) dedicò alle TL solo un paio di paragrafi che per lo più rimandano il lettore interessato all’argomento al sopracitato capitolo 4 del LDC. Mi piace però sottolineare che appena due anni dopo, quando la norvegese Seas gli commissionò un progetto di riferimento per la nuova serie Excel in magnesio, D’Appolito scelse proprio la linea di trasmissione per il suo sistema Thor-Excel. A onor del vero, come vedremo in seguito, proprio l’anno precedente Augspurger [3] aveva reso disponibile il primo efficace (anche se un po’ grossolano) strumento di progettazione di TL.
La mancanza di un modello matematico in grado di permettere il progetto di una linea di trasmissione a partire dai parametri degli altoparlanti viene sottolineata anche da Vincenzo Landi in un interessante e approfondito articolo [15], suddiviso in cinque puntate, pubblicato su AUDIOreview tra Aprile 1991 e Dicembre 1993.
Inutile dire che, con il materiale e le risorse in mio possesso all’epoca, il proposito di realizzare una TL si arenò sul nascere. Dopo aver studiato in modo piuttosto approfondito l’argomento, mi sento di affermare che, ancora oggi, l’appassionato che volesse cimentarsi nella progettazione ex novo di questa tipologia di diffusore avrebbe vita tutt’altro che facile.
Recentemente ho messo a punto un modello di simulazione, basato sulla teoria dei circuiti elettrici, sfruttando alcuni principi che vedremo in seguito. Il programma di simulazione circuitale utilizzato è di tipo freeware: LTspice della Linear Technology (ora parte di Analog Devices).
Con questo articolo intendo esplorare in modo generale l’argomento e descrivere gli strumenti utilizzati per elaborare il modello. Proporrò anche il progetto di un piccolo monitor nearfield monovia, con prestazioni sorprendenti rispetto alle dimensioni contenute, basato sull’altoparlante larga-banda RS100-4 di Dayton Audio.
Per fare il punto della situazione è necessaria una breve premessa coadiuvata da alcuni cenni storici.
Storia delle linee di trasmissione
Quando ci si avvicina per la prima volta al concetto di linea di trasmissione, la sorpresa dovuta alla quasi totale mancanza di metodi o modelli di progettazione universalmente accettati dura molto poco. A differenza di quanto avviene per un contenitore chiuso o caricato in bass-reflex, predire il comportamento di un’onda sonora che si propaga all’interno di un condotto, specialmente se riempito o foderato con materiale assorbente, diventa un’impresa assai difficile. Se n’era accorto, già nel 1936, Benjamin J. Olney [4], direttore del reparto di ricerca della Stromberg-Carlson Telephone Co., quando, alla ricerca di un metodo per migliorare le prestazioni in bassa frequenza dei radioricevitori dell’epoca, ebbe l’idea del labirinto acustico: un lungo condotto, foderato internamente con materiale assorbente, avente un’apertura occupata dall’altoparlante e l’altra aperta e rivolta verso il pavimento. Il condotto, una volta ripiegato su se stesso, assumeva le sembianze di un normale diffusore. A differenza dei contenitori aperti posteriormente utilizzati all’epoca, il labirinto acustico avrebbe permesso di attenuare le risonanze in gamma media e di sopperire all’evidente cortocircuito acustico in bassa frequenza della precedente soluzione. Pur comprendendo l’importanza del materiale assorbente, Olney si rese conto che elaborare un modello di impedenza che tenesse conto di questo aspetto sarebbe stato molto impegnativo; spiegò quindi il comportamento del labirinto acustico assumendo che questo fosse vuoto e descrisse successivamente le alterazioni dovute al materiale assorbente.
Nel caso di un tubo vuoto e di sezione circolare S, l’impedenza acustica vista dall’altoparlante è:
dove ZA è l’impedenza acustica del tubo all’apertura in Nsm−5, LT è la lunghezza del tubo in metri, ρ0 è la densità dell’aria in kgm-3, c è la velocità del suono in aria in ms-1 e k è il numero d’onda con frequenza espressa in termini di pulsazione o frequenza angolare: k = ω/c = 2π/λ.
Dopo aver assegnato un valore arbitrario di 10 Ohm meccanici (Nsm−5) per cm2 a ZA, tracciò il grafico dell’equazione e osservò che, quando la frequenza (f1) era tale che la lunghezza del tubo coincideva con un quarto della sua lunghezza d’onda (λ), la curva di impedenza assumeva valori molto alti e puramente resistivi. Notò altresì che aumentando la frequenza a un valore (f2) per cui L = λ/2 l’impedenza del tubo scendeva al valore di 10 Ohm determinato dalla sola apertura. Possiamo facilmente verificarlo inserendo l’equazione dell’impedenza in un software di calcolo (ad es. Mathcad) e tracciando il grafico della funzione (Grafico 1).
Fu subito evidente che queste due peculiarità del labirinto acustico potevano essere sfruttate vantaggiosamente. In particolare, facendo coincidere la frequenza di risonanza dell’altoparlante con la zona ad alta resistenza (λ/4), si poteva controllare l’escursione del cono aumentando considerevolmente la tenuta in potenza del sistema.
Olney sottolineò inoltre entusiasticamente che, dimensionando opportunamente il condotto, si poteva approfittare della condizione che si verifica a f2 per estendere notevolmente la risposta del sistema alle basse frequenze. Questo perché, alla suddetta frequenza, l’onda acustica emessa frontalmente dall’altoparlante si somma costruttivamente con l’onda acustica emessa dall’apertura: l’onda emessa dal cono posteriormente, in ritardo di 180° rispetto a quella emessa frontalmente, subisce un ulteriore ritardo di 180° (pari a mezza lunghezza d’onda) dovuto al percorso all’interno del condotto e si ripresenta all’apertura in fase con l’altoparlante. Entrambe queste condizioni, fino a questo punto sfruttate favorevolmente, si ripetono ciclicamente con l’aumentare della frequenza, producendo indesiderabili avvallamenti e picchi nella risposta. Osservando il grafico notiamo in particolar modo che i picchi coincidono con i modi di risonanza del condotto, cioè con la sua frequenza fondamentale e le relative armoniche dispari. Per capire meglio questo concetto pensiamo a una corda di lunghezza L legata a entrambe le estremità. Se pizzicata, questa corda vibra come mostrato in Figura 1.
I punti che rimangono fermi sono detti nodi mentre i punti di massima ampiezza dell’onda sono detti ventri o antinodi.
Questa vibrazione è la prima armonica (o modo fondamentale) e corrisponde alla minima frequenza raggiungibile dalla corda. Per calcolare questa frequenza osserviamo la Figura 1 e stabiliamo che:

la frequenza corrispondente sarà quindi:

Dove v è la velocità delle onde sulla corda. Oltre alla prima armonica, la corda può generare anche frequenze che sono multipli interi della fondamentale. Dalla Figura 2 osserviamo che ogni armonica contiene sempre mezza lunghezza d’onda in più della precedente.
Per la seconda armonica la lunghezza d’onda sarà quindi:

perciò la sua frequenza sarà:

Nel caso della terza armonica L si divide in tre mezze lunghezze d’onda:

da cui la frequenza della terza armonica:

Possiamo generalizzare scrivendo:


Nel caso della corda possiamo quindi affermare che le armoniche sono i multipli interi della frequenza fondamentale. Queste onde vengono anche dette stazionarie perché oscillano nel tempo rimanendo ferme nella loro posizione.
Esaminiamo ora il comportamento di un condotto con un’estremità chiusa (nel nostro caso dall’altoparlante): in questo sistema, per tutte le armoniche, il lato chiuso agisce da nodo (l’aria non può oscillare liberamente) mentre il lato aperto, dove l’aria può muoversi vorticosamente, rappresenta il ventre.
Chiamiamo c la velocità del suono. Dalla Figura 3 osserviamo immediatamente che la prima armonica è rappresentata da un quarto della lunghezza d’onda:

Troviamo l’armonica successiva aggiungendo mezza lunghezza d’onda e, aiutandoci ancora con la Figura 3, osserviamo che L corrisponde a ¾λ:

Trattandosi del triplo della fondamentale, questa frequenza corrisponde alla terza armonica. Aggiungiamo mezza lunghezza d’onda e troviamo l’armonica successiva:

Notiamo che la successione delle armoniche è diversa rispetto a quella della corda poiché non esistono armoniche pari:

Nel caso del condotto, essendo le oscillazioni della colonna d’aria longitudinali, le onde sinusoidali vanno considerate come una rappresentazione astratta della velocità dell’aria.
Olney dimostrò con una serie di misure che l’ampiezza delle onde stazionarie indesiderate poteva essere praticamente azzerata foderando internamente il tubo con materiale assorbente. Notò inoltre che l’effetto si estendeva alla regione delle basse frequenze, spianando il picco resistivo a f1. Alla ricerca di un metodo rigoroso per predire il comportamento del labirinto acustico, pensò in un primo momento di applicare la collaudata teoria delle perdite nelle linee elettriche, riconoscendo l’analogia tra il comportamento dell’assorbente e quello di una resistenza di shunt tra i conduttori della linea. Tuttavia, appena cercava di applicare questo modello, incorreva nella difficoltà di assegnare alla resistenza il corretto valore in funzione di una data frequenza. I dati riferiti ai coefficienti di assorbimento dei prodotti commerciali disponibili all’epoca erano scarsi e totalmente inadatti all’applicazione desiderata. Olney sospettava inoltre che il meccanismo di trasmissione delle onde sonore attraverso il tubo foderato non potesse essere completamente spiegato con la teoria classica sulla propagazione delle onde piane: l’assorbente avrebbe ragionevolmente potuto influire sulla velocità del suono in prossimità delle pareti, modificando la forma d’onda e facendola diventare via via più convessa mentre procedeva nel suo percorso. Nonostante le difficoltà teoriche, Olney riuscì a dimostrare, con una serie di misure sulla curva di impedenza dell’altoparlante, che il labirinto acustico apportava un notevole miglioramento qualitativo rispetto ai precedenti diffusori aperti posteriormente.
Nel 1965 Arthur R. Bailey, ingegnere dell’Università di Bradford, pubblicò su Wireless World un articolo [5] che descrive il progetto di una cassa acustica da lui definita «non-risonante». A differenza del labirinto acustico, solamente foderato, il condotto era completamente riempito di materiale assorbente e l’apertura si affacciava sullo stesso piano dell’altoparlante. Questa configurazione veniva per la prima volta definita linea di trasmissione. Nel suo lavoro Bailey sottolinea innanzitutto i grandi progressi fatti dalla tecnologia degli altoparlanti nel corso degli anni e sostiene che la tecnica di progettazione dei relativi contenitori «non ha saputo tenerne il passo». Il bass-reflex era già all’epoca il metodo di caricamento più diffuso, ma le sue prestazioni erano ancora molto scarse. Dobbiamo ricordare che, sebbene Thiele avesse introdotto un metodo di approccio moderno alla progettazione dei sistemi bass-reflex già nel 1961, il suo lavoro divenne popolare tra i progettisti solo dieci anni dopo, quando fu ripreso e completato da Richard Small. Non dobbiamo quindi stupirci se Bailey svalutava le caratteristiche sonore di questi sistemi definendole come «boomy» e «ringing», entrambi appellativi che si riferiscono ad irregolarità nella risposta dovute a fenomeni di risonanza. Non riuscendo a evidenziare queste anomalie con metodi classici, ricorse alla tecnica dei fili esplosivi (EWM): un condensatore da 1000 uF, caricato a 250 V, veniva scaricato attraverso un filo di rame lungo 1 cm e con diametro di poco più di un millimetro provocando una vera e propria detonazione. Quest’ultima, che avveniva all’interno del diffusore in corrispondenza del foro dell’altoparlante (preventivamente chiuso), veniva ripresa da un microfono posto anch’esso all’interno del mobile. I risultati del test dimostravano che, rispetto alla linea di trasmissione, le casse acustiche bass-reflex immagazzinavano una quantità di energia molto superiore che originava inevitabili e fastidiose code nella risposta, inoltre il quantitativo di materiale assorbente necessario ad attenuare il fenomeno avrebbe fatto venir meno l’azione stessa dell’apertura con conseguente abbattimento dell’emissione alla frequenza di accordo. Nella linea di trasmissione, invece, il condotto fungeva da filtro passa-basso attenuando fortemente le frequenze più alte proprio grazie al materiale assorbente. Bailey individuò la lana naturale a fibra lunga come il materiale con le caratteristiche migliori e diede pochi altri consigli pratici. Nel 1972 presentò un progetto aggiornato [6], con una nuova geometria che migliorava ulteriormente la risposta all’impulso. In questa revisione Bailey accenna anche alla proprietà di rallentare la velocità del suono (di un fattore compreso tra 0,7 e 0,8) che avrebbe la lana a fibra lunga se correttamente disposta lungo il condotto. Il metodo di sviluppo rimaneva tuttavia completamente empirico e nessun tentativo per dimensionare la linea in funzione dei parametri dell’altoparlante era ancora stato fatto. Bailey ebbe comunque il merito di riportare alla luce una tipologia di contenitore quasi completamente abbandonata dai progettisti e di fare un passo avanti verso lo sviluppo della linea di trasmissione moderna.
Nel 1976, Leslie J. S. Bradbury [7], Ingegnere del dipartimento di Meccanica all’Università del Surrey, prese spunto dal lavoro di Bailey per approfondire le proprietà acustiche dei materiali assorbenti fibrosi. Era di particolare interesse l’effetto che la lana a fibra lunga poteva esercitare sulla velocità del suono, in quanto avrebbe potuto influire positivamente sulle dimensioni degli ingombranti diffusori con caricamento a tromba posteriore o a linea di trasmissione. Egli identificò un valore di 8 kg/m3 come l’ideale densità di assorbente capace di attenuare fortemente le frequenze superiori ai 100 Hz, senza praticamente influire sul carico acustico dell’altoparlante. Notò anche che tale densità riduceva fino al 50% la velocità del suono alle frequenze più basse, rendendo di conseguenza possibile il dimezzamento della lunghezza del condotto. Egli spiegò questo fenomeno assumendo che alle basse frequenze le fibre fossero mosse, letteralmente trascinate, dal flusso d’aria generato dall’altoparlante. Alle alte frequenze le fibre non sarebbero state invece in grado di seguire l’aria nel suo rapido movimento e non si sarebbero di conseguenza mosse. Ricavò quindi un’equazione che, attraverso un parametro denominato resistenza di flusso, metteva in reazione la velocità del suono nella linea con la densità di assorbente. Da queste premesse derivò quello che per diversi anni è stato l’unico strumento matematico a disposizione per lo studio dei sistemi acustici in linea di trasmissione. Nel 1980, tuttavia, Robert Bullock [8] mise a punto un software per la simulazione di sistemi di altoparlanti a linea di trasmissione basato sul modello di Bradbury, ma la concordanza con le misure, a detta dello stesso sviluppatore, si rivelò «non soddisfacente». Come vederemo, anche nel corso di indagini successive, le equazioni di Bradbury non hanno dato evidenza di funzionare in modo corretto.
Il primo lavoro utile alla realizzazione pratica di una linea di trasmissione è un documento [3] presentato nel 1999 da George L. Augspurger in occasione della 107° convention della Audio Engineering Society. L’autore, ingegnere molto attivo nel campo dell’elettroacustica (è stato anche manager e direttore tecnico della JBL prima di dedicarsi a tempo pieno alla sua azienda di consulenza, la Perception Inc.), assimilò la linea di trasmissione a un caricamento a tromba con l’aggiunta delle perdite dovute al materiale assorbente. Sviluppò, quindi, un modello elettrico analogo, basato su un precedente lavoro di Bart N. Locanthi [9]. Il modello di Augspurger consiste di 32 sezioni, composte ciascuna da una rete LC, dove induttori e condensatori rappresentano rispettivamente la cedevolezza e la massa dell’aria; un resistore per ogni sezione è aggiunto a rappresentare le perdite dovute all’assorbente acustico (Fig. 4).
Dal momento che il comportamento del materiale assorbente varia con il variare della frequenza, i resistori utilizzati sono di tipo variabile, ma non viene rivelato il metodo utilizzato per variare la resistenza in funzione della frequenza. A differenza di Bradbury, Augspurger non attribuisce alcuna importanza alla possibilità che le fibre siano messe in movimento dalle onde acustiche generate dall’altoparlante e ridimensiona decisamente la quantità e il ruolo stesso della variazione della velocità del suono in relazione alla risposta della linea alle basse frequenze. Per modellare le caratteristiche dell’assorbente fa riferimento a quattro parametri empirici che ritiene necessari per descrivere con buona approssimazione il comportamento del sistema; sappiamo solo che i primi tre intervengono sul valore della resistenza mentre il quarto regola il valore della capacità. Grazie a questo modello computerizzato Augspurger varia virtualmente i parametri della linea e dell’altoparlante, ricavando delle tabelle di allineamento che definisce “ottimizzate”: pendenza del passa alto di 12 db/oct, risposta regolare alle medie frequenze e sensibilità paragonabile a quella di un altoparlante in cassa chiusa. Queste tabelle per la prima volta mettono in relazione i parametri dell’altoparlante (fs, Qts e Vas) con la frequenza di risonanza e il volume della linea (fp e Vp). Le tabelle si riferiscono alle tre geometrie più diffuse: linea a sezione decrescente (tapered line), con l’altoparlante traslato di un quinto rispetto all’inizio della linea (offset speaker) e infine con camera di accoppiamento (coupling chamber). Ognuna di queste soluzioni promette dei vantaggi rispetto alla classica linea dritta (straight), con un piccolo prezzo da pagare in termini di efficienza (Fig. 5).
Nel 2000 la rivista Speaker Builder pubblicò un articolo di Augspurger, diviso in tre parti [10] [11] [12], contenente alcuni aggiornamenti. In questo lavoro, tabelle aggiornate propongono nuovi allineamenti, definiti estesi, che consentono prestazioni migliorate per quanto riguarda l’estensione in bassa frequenza.
Sebbene non fornisca una teoria completa e sviluppata sulla linea di trasmissione, e le sue tabelle non assegnino una corrispondenza unica ai valori, il lavoro di Augspurger rappresenta certamente un ottimo punto di partenza per il progettista.
Anche Vance Dickason rimase evidentemente influenzato dal lavoro di Augspurger e lo espose in modo dettagliato nella settima edizione (2006) del suo LDC dove finalmente troviamo un ampio capitolo dedicato alle TL. Dickason, raccontando un aneddoto riferito a una sua esperienza di ascolto di una TL risalente agli anni 70, arriva perfino ad ammettere che «questo sistema, spesso poco compreso, fornisce una ricerca fruttuosa per coloro che ambiscono alla migliore cassa acustica mai prodotta».
La pubblicazione del documento di Augspurger è grosso modo contemporanea all’apparizione in rete del lavoro di Martin J. King. Appassionato autocostruttore di casse acustiche, King ascoltò a casa di un membro del club audiofilo locale una coppia di diffusori a linea di trasmissione e rimase fortemente impressionato dalla qualità di riproduzione della gamma bassa. Alcuni anni più tardi, dopo aver nel frattempo studiato tutta la letteratura disponibile sull’argomento, considerò seriamente la possibilità di costruire un sistema a linea di trasmissione. Con la consapevolezza che nessun metodo accettabile di progettazione era disponibile, decise di scrivere lui stesso il software necessario basandosi su fogli di calcolo in ambiente MathCad. Dopo aver passato molto tempo sperimentando inutilmente con le equazioni di Bradbury, King arrivò alla conclusione che le fibre del materiale assorbente fossero stazionarie. Sviluppò quindi un modello basato sull’equazione monodimensionale dell’onda acustica con l’aggiunta di un fattore di smorzamento viscoso dovuto al materiale assorbente.
Il software, migliorato costantemente nel corso degli anni, permette di modellare in modo soddisfacente diverse geometrie di TL. Recenti modifiche all’algoritmo di calcolo hanno reso il sistema così flessibile da poter essere utilizzato per progettare anche casse chiuse, bass-reflex, contenitori isobarici e trombe caricate sia anteriormente che posteriormente. Il suo sito web www.quarter-wave.com contiene una notevole quantità di informazioni sull’argomento e gode di una grande popolarità tra gli appassionati di linea di trasmissione. I suoi “fogli”, utilizzati anche da alcuni professionisti, hanno dato origine a progetti ben suonanti e molto apprezzati. Da alcuni anni a questa parte i files di King non sono più disponibili per il download gratuito e vengono forniti previo acquisto di una licenza.
Andrea Rubino
Riferimenti bibliografici
[1] M. Colloms, “High Performance Loudspeakers”, Pentech Press Ltd., Fourth Edition; 1991
[2] J. Backman, “A Computational Model of Transmission Line Loudspeakers”, 92nd AES Convention, 1992, preprint no. 3326.
[3] G. L. Augspurger, “Loudspeaker on Damped Pipes”, JAES Volume 48 Issue 5 pp. 424-436; May 2000.
[4] B. Olney, “A Method of Eliminating Cavity Resonance, Extending Low Frequency Responce and Increasing Acoustical Damping in Cabinet Type Loudspeakers”, J. Acoust. Soc. Amer. Volume 8; October 1936.
[5] A. R. Bailey, “A Non-resonant Loudspeaker Enclosure”, Wireless World; October 1965.
[6] A. R. Bailey, “The Transmission Line Loudspeaker Enclosure”, Wireless World; May 1972.
[7] L. J. S. Bradbury, “The Use of Fibrous Materials in Loudspeaker Enclosures”, JAES Volume 24 Issue 3 pp.162-170; April 1976.
[8] R. M. Bullock and P. E. Hillman, “A Transmission-line Woofer Model”, 81st AES Convention, 1986, Preprint no. 2384.
[9] B. N. Locanthi, “Application of Electric Circuit Analogies to Loudspeaker Design Problems”, JAES Volume 19 Issue 9 pp. 778-785; October 1971.
[10] G. L. Augspurger, “Transmission Lines Updated, Part 1”, Speaker Builder; 2/00.
[11] G. L. Augspurger, “Transmission Lines Updated, Part 2”, Speaker Builder; 3/00.
[12] G. L. Augspurger, “Transmission Lines Updated, Part 3”, Speaker Builder; 4/00.
[13] L. L. Beranek, “Acoustics”, New York: McGraw-Hill; 1954.
[14] W. M. Leach, Jr., “Computer-Aided Electroacustic Design with SPICE”, JAES Volume 39 Issue 12; December 1991.
[15] V. Landi, “La linea di trasmissione”, AUDIOreview, n.104-106-112-132-133; 1991-1993.